Simbiosi industriale: dal rifiuto alla risorsa
Nell’ambito dell’ecologia industriale, per simbiosi industriale si intende l’interazione tra diversi stabilimenti industriali, per massimizzare il riutilizzo di risorse normalmente considerate scarti Queste risorse includono risorse di tipo materiale (rifiuti e prodotti), o immateriale (energia, acqua, servizi e competenze).
Gli scarti generati da un’impresa possono essere usati da un’altra impresa per sostituire input produttivi o trasformati in nuovi prodotti destinati al mercato finale. La simbiosi industriale è oggi considerata una delle principali strategie per la transizione verso l’economia circolare.
Da un punto di vista economico le imprese traggono vantaggio, evitando i costi di smaltimento. In più ottengono ulteriori ricavi dalla vendita dei sottoprodotti e acquistando risorse più economiche. Invece, da un punto di vista ambientale, si riduce il consumo di risorse e l’impatto sul territorio.
Che cos’è l’ecologia industriale?
Nel 1992 il fisico Robert Frosch introdusse, durante la sua lezione “Towards and Industrial Ecology” alla United Kingdom Fellowship of Engineering, il concetto di ecologia industriale. Si tratta di un campo di studio interdisciplinare concentrato sulla progettazione e l’ottimizzazione dei sistemi industriali, per ridurre al minimo l’impatto ambientale.
Nell’ambito dell’ecologia industriale, l’economia mondiale è vista come una rete di processi industriali che estraggono risorse dalla terra e le trasformano in beni che sono poi comprati e venduti per soddisfare i bisogni dell’umanità. Lo scopo dell’ecologia industriale è quello di quantificare e studiare questa rete di continui scambi attraverso l’analisi dei processi industriali.
L’ecologia industriale, dunque, ha come scopo quello di creare sistemi di produzione sostenibili che minimizzino il consumo di risorse naturali, la produzione di rifiuti e l’inquinamento. In questo modo si crea un ciclo virtuoso in cui i rifiuti di un’azienda diventano risorse per un’altra, in modo da ridurre la produzione di scarti e la pressione sull’ambiente.
Storia della simbiosi industriale
Una delle prime persone a dare una definizione specifica di simbiosi industriale è stata Marian Ruth Chertow, docente all’Università di Yale, che ha mostrato come per realizzare la simbiosi industriale servano fattori essenziali come “la collaborazione tra imprese e le opportunità di sinergia disponibili in un contesto omogeneo dal punto di vista geografico ed economico”.
La simbiosi industriale si propone dunque come strumento per la chiusura dei cicli delle risorse, in modo che queste vengano scambiate e si possa generare un circuito di economia circolare.
La parola simbiosi deriva dal greco syn (con) e bios (vita). L’applicazione più comune della parola è in biologia, dove per simbiosi si intende l’associazione fra due o più individui appartenenti a specie vegetali o animali diverse, che traggono vantaggio entrambi dalla vita in comune. Ancora più nota è la sua estensione nel linguaggio figurato, in cui a essere in simbiosi possono essere diverse persone, correnti artistiche, o altre diverse realtà.
Nel 2003 è stato implementato un programma nazionale di simbiosi industriale nel Regno Unito quale strumento operativo per la pianificazione sostenibile industriale, denominato National Industrial Symbiosis Programme (NISP), replicato poi in altre 20 nazioni.
Vantaggi e svantaggi della simbiosi industriale
La simbiosi industriale può condurre all’ottimizzazione dei processi industriali, al miglioramento della logistica e favorire il trasferimento di conoscenze, aumentando conseguentemente la produttività di tutte le risorse disponibili e generando vantaggi economici, ambientali e sociali come:
• Riduzione dei costi delle materie prime, dell’energia e dello smaltimento dei rifiuti
• Sviluppo di nuove opportunità di mercato
• Ottimizzazione dell’uso delle risorse
• Riduzione della pressione sull’ambiente e delle emissioni inquinanti
• Eliminazione dello smaltimento degli scarti in discarica
• Promozione di un cambiamento culturale incentrato sull’economia della condivisione
Esistono, però, alcune barriere che possono limitare la diffusione delle iniziative di simbiosi industriale:
• Barriere normative: le leggi e i regolamenti governativi possono rappresentare ostacoli allo sviluppo di progetti di simbiosi industriale tra le aziende
• Barriere economiche: per riutilizzare i sottoprodotti di altre imprese, le aziende possono dover affrontare investimenti notevoli in nuove tecnologie e infrastrutture
• Barriere tecnologiche: il recupero e il riutilizzo dei sottoprodotti possono risultare problematici a causa dell’assenza di tecnologie appropriate
• Barriere informative: spesso le aziende non sono a conoscenza dei sottoprodotti disponibili sul mercato e potenzialmente riutilizzabili
• Barriere culturali: molte aziende considerano gli scarti e i sottoprodotti come un problema da risolvere anziché come una nuova risorsa. La scarsa conoscenza dei potenziali benefici derivanti dalla valorizzazione dei sottoprodotti è una delle principali barriere allo sviluppo della simbiosi industriale.
Esempio di simbiosi industriale
Uno dei casi più emblematici e conosciuti di simbiosi industriale è quello dell’eco-parco di Kalundborg in Danimarca. In questo luogo, un processo di simbiosi industriale è nato spontaneamente a partire dagli anni ’60, a seguito della necessità di trovare una soluzione alternativa per l’approvvigionamento dell’acqua. Sei imprese, un impianto di produzione di energia elettrica, una raffineria di petrolio, una società biotecnologica, una società di prodotti da costruzione, una società di gestione dei rifiuti e l’amministrazione locale, hanno iniziato a cooperare, traendo dei vantaggi comuni attraverso uno stile di gestione aperto, in un clima di fiducia reciproca.
Inizialmente, la simbiosi era rivolta al solo approvvigionamento delle risorse idriche, con il passare del tempo, e con la fortificazione dei collegamenti, iniziarono i primi scambi di materiali e risorse energetiche. Nel 1996 è nato il Kalundborg Symbiosis Center, un cosiddetto “matchmaker” che ha fronteggiato i problemi di gestione, coordinazione e allargamento della rete di simbiosi con nuovi partecipanti.
Il secondo caso di successo si trova in Francia, a Dunkirk. Questa è un’area altamente industrializzata, con aziende metallurgiche, chimiche e petrolchimiche, energetiche, alimentari e logistiche che per anni hanno generato alti livelli di inquinamento. In questo contesto, nel 2001 è nata la fondazione Écopal con l’obiettivo di promuovere progetti di economia circolare in un’ottica di riduzione dell’impatto ambientale dei processi produttivi.
Simbiosi industriale in Italia
Uno dei progetti di simbiosi industriale realizzati in Italia è rappresentato dal Primo Macrolotto di Prato. Il progetto coinvolge aziende del settore tessile e moda e mira alla valorizzazione e al riutilizzo di risorse idriche.
Il Macrolotto è dotato di un acquedotto industriale gestito da G.I.D.A. S.p.A. e alimentato da un impianto centralizzato di riciclo delle acque reflue. Nel 2016 Confindustria Toscana Nord e Gida hanno stipulato un accordo per strutturare una campagna analitica per il monitoraggio della qualità delle acque dell’acquedotto industriale.
Nella parte nord dell’impianto, attraverso tre condotte fognarie, arrivano le acque reflue prodotte dai cittadini e dalle industrie di Prato. I reflui provengono per il 20% da utenze civili, mentre la parte restante proviene da utenze industriali e sono fortemente caratterizzati dalla presenza di detergenti, oleanti tessili (olii emulsionabili, utilizzati per lubrificare i macchinari e le fibre in lavorazione), coloranti (prevalentemente di natura organica), e da particelle solide sospese (soprattutto pelurie e piccoli frammenti di fibra di lana residui delle lavorazioni).
II recupero delle acque da riciclare avviene sostanzialmente attraverso filtrazione su sabbia/antracite e su carbone attivo. L’acqua giunta così al termine del processo di depurazione può essere in parte reimmessa nel sistema idrico superficiale, mentre una parte viene inviata all’impianto di ulteriore trattamento tramite biofiltrazione per il suo riutilizzo industriale.
Conclusione
Per sviluppare una simbiosi industriale è in ogni caso necessario gestire una collaborazione stretta tra enti governativi, portatori di interessi e comunità territoriali.
Diventa fondamentale ottenere, e in primis lavorare a, un consenso comune e una progettazione partecipata. In più, la creazione di un buon sistema di gestione dei rifiuti può richiedere tempo e importanti investimenti.
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